Ritengo di essere un esperto in materia e confermo ogni tua parola.
Iniziamo con un processo qualsiasi:
T R I B U N A L E D I C A L T A N I S S E T T A
UFFICIO DEL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
Il Giudice, dott. Giovanbattista Tona, nel procedimento nei confronti di:
·BERLUSCONI Silvio, nato a Milano il 29 settembre 1936;
·DELL’UTRI Marcello, nato a Palermo l’1 settembre 1941;
in relazione al reato di cui agli artt.110-422 c.p., 7 d.l. 13 maggio 1991, n.152 (conv. in l. n.203/91) (c.d. aggravante della finalità mafiosa), 1 d.l. 15 dicembre 1979 n.625 (conv. in l.n.15/80) (c.d. aggravante della finalità di terrorismo).
OSSERVA
1. Origine del presente procedimento
Il presente procedimento è stato avviato sulla base delle risultanze investigative emerse in altre indagini contro ignoti relative agli attentati nei quali sono stati uccisi i magistrati Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Paolo Borsellino e i rispettivi uomini delle loro scorte.
In particolare in data 22/7/1998, il Procuratore della Repubblica di Caltanissetta disponeva con articolato provvedimento l’iscrizione nel registro degli indagati di Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri in base ad una serie di risultanze che delineavano una notizia di reato a loro carico, quali mandanti delle stragi di Capaci e di via D’Amelio.
I dati che hanno legittimato tale decisione del Procuratore in sede sono richiamati nello stesso provvedimento di iscrizione e si ricavano dai verbali di interrogatorio del collaboratore Salvatore Cancemi inerenti a “persone importanti” che avrebbero concorso a decidere l’eliminazione fisica di Falcone e Borsellino in maniera eclatante nell’ambito di una più articolata “strategia terroristica” di “cosa nostra”, nonché nei verbali relativi ai rapporti gestiti da Vittorio Mangano, prima, e da Salvatore Riina, poi, con i vertici del circuito societario Fininvest.
Ma oltre ad essi - ad avviso del P.M. - conducevano verso l’ipotesi investigativa di un coinvolgimento di Berlusconi e Dell’Utri anche le dichiarazioni di Tullio Cannella e di Gioacchino La Barbera in relazione a contatti di “cosa nostra” con imprenditori del nord e ad un interessamento della stessa organizzazione per l’installazione di un ripetitore per l’emittente Canale 5; le dichiarazioni di Gioacchino Pennino ed Angelo Siino sui personaggi che avevano avuto interesse ad eliminare i due magistrati, oramai assai attenti a delineare i rapporti tra mafia ed imprenditoria; ed infine gli esiti delle investigazioni svolte dalla DIA e dal Gruppo “Falcone e Borsellino” che avevano aperto prospettive di approfondimento in ordine ai rapporti di Berlusconi e dell’Utri con l’organizzazione “cosa nostra”.
Il P.M. quindi formava un nuovo fascicolo ed iscriveva gli odierni indagati, per ragioni di segretezza, con le sigle “alfa” e “beta”.
Già la Procura della Repubblica di Firenze aveva disposto l’iscrizione di Berlusconi e Dell’Utri, sotto le sigle “Autore 1” e “Autore 2”, in un procedimento relativo a fatti di strage commessi a Roma, Firenze e Milano dal maggio 1993 all’aprile 1994, considerati rientranti in un unico disegno che avrebbe previsto una “campagna stragista continentale avente come obiettivo strategico (anche) quello di ottenere una revisione normativa che invertisse la tendenza delle scelte dello Stato in tema di contrasto della criminalità mafiosa” (cfr. richiesta di proroga dei termini delle indagini formulata dal P.M. fiorentino in data 22/7/1997), ed in particolare:
· la strage di via Fauro a Roma (attentato a Maurizio Costanzo) il 14/5/1993;
· la strage di via de’ Georgofili di Firenze (attentato agli Uffizi) il 27/5/1993;
· la strage di via Palestro a Milano (attentato al Padiglione di Arte Contemporanea) il 27/7/1993;
· le stragi di san Giorgio al Velabro e di San Giovanni in Laterano a Roma il 28/7/1993;
· la strage dello stadio Olimpico di Roma tra gli ultimi del 1993 ed i primi del 1994;
· la strage di Formello-Roma (attentato a Salvatore Contorno) il 14/4/1994.
Nel corso di quelle indagini erano stati acquisiti diversi elementi che avvaloravano l’ipotesi di un’unitaria strategia dell’organizzazione mafiosa finalizzata a condizionare le scelte di politica criminale dello Stato e a ricercare nuovi interlocutori da appoggiare nelle competizioni elettorali.
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